Un grintoso power trio di Cambridge per un punk senza freni inibitori
Dall’East Anglia si levano voci di una nuova ribellione, tutta al femminile.
Il silenzio può essere di due tipi : quello improvviso, che nasce da una repentina interruzione, o meglio, disconnessione, dal martellante flusso di informazioni che è il nostro mondo, e quello imposto, dal rigore di regole sociali e coercizioni psichiche che – nonostante l’evoluzione a tratti riconoscibile nella nostra epoca – scende come un cupo vessillo sopra l’opera umana, soffocandola e determinando differenze e (peggio) preclusioni. Bene, quest’ultimo è esattamente l’ambito in cui entrano in gioco le Baby Seals : loro non vogliono parlare di questo silenzio, da Riot Grrrls quali sono vogliono gridarlo. Lo fanno riuscendo nell’impresa di risultare ironiche e impegnate, punk, teatrali, femministe e femminili, in pratica lo fanno bene. Di esplicito c’è quasi tutto nel mondo, non certo polare, di questi cuccioli di foca di Cambridge, lontane sia dal linguaggio accademico della loro città di provenienza sia dagli stereotipi estetici del punk, suonando dure, grezze e violente, ma con gonne a fiori e un candore quasi diabolico nei loro lineamenti spiccatamente anglosassoni. Conquistano una platea entusiasta di loro all’interno dell’unica vera venue adatta all’occasione : la chiesa di Butterley nell’Indietracks Festival, tra i banchi di legno consumati da preghiere inesaudite, da un pulpito che diventa battesimale del proclama liberatorio di 35 minuti che Kerry e compagne eruttano come vulcani.
Bozzetti femminili, discorsi da pub tra due sorelle e la loro migliore amica, affrontano i disagi dell’essere donna con lo scopo di renderli luoghi comuni, nel senso di frequentati, derisi, esorcizzati con leggerezza e auto-ironia da manuale, propedeutica per malanni più gravi.
Le Baby Seals alzano un gran polverone e strappano più di un sorriso, tre caterpillar di energia selvaggia, percuotono il conformismo e l’ipocrisia con una gioia innata.
Amy Devine, batterista della band, sta per dare vita alla Cambridge School of Music and Performance, un istituto per l’insegnamento della musica a persone affette da autismo e altri disturbi dell’apprendimento che aprirà l’anno prossimo. Leggete qui la notizia.
Nando Dorelassi
