Annie Rew Shaw con il suo moniker Austel è da qualche anno sulle scene musicali britanniche con esperienze live di un certo livello (Glastonbury) e una prolifica attività in studio di registrazione. Le sue influenze spaziano in lungo e in largo nel songwriting più intimo e innovativo degli ultimi tre decenni (da Elliot Smith a Bon Iver) all’elettronica più meditativa ed ambient.
Ma il fulcro narrativo di Austel sono le sue canzoni, tutte inserite in un flusso sonoro che si fa apprezzare sin dall’inizio della sua avventura musicale, con quella “Crows” che emozionava per la sua fiera naturalezza e la quasi inconsapevole carica pop, malinconica eppure irresistibile.
In “Feathers” le canzoni vengono tratteggiate in modo leggero, minimale, uno stile neoclassico ne ridisegna le strutture, lasciando ampi spazi all’ascolto e all’interpretazione, molti più silenzi rispetto alle versioni passate, quasi un invito ad un ascolto più profondo, per apprezzare appieno le infinite sfumature di un lavoro davvero pregevole.
Così, poche note di piano ci deliziano, cullandoci su nuvole morbide, lontane dai rumori del quotidiano, chitarre riverberate come il chiarore di un’alba incantevole, synth vellutati e archi lirici a tessere una tela che ha i colori di un inverno candido e accogliente.
Austel non poteva trovare modo migliore per portare l’attenzione sul suo songwriting di classe, con una produzione impeccabile che esalta ogni melodia, ogni singolo frammento di questi brani senza tempo, scritti con gusto, passione e un’innata eleganza.
A.D.
