RECENSIONE
La lingua celtica cornica ha caratterizzato dal IX al XII secolo la cultura del Sud-Ovest del Regno Unito ed è comunemente conosciuta come la lingua antica della Cornovaglia. Parlata da qualche migliaio di persone, è riconosciuta nella Carta delle Lingue Regionali.
Nella prima decade del nostro secolo swingava rilassata al ritmo Sixties, tra abitini a pois e organetti collegiali, la band femminile inglese delle Pipettes. Scherzavano molto, loro, al contrario dei giornalisti musicali che immersi in frenetiche dietrologie scomodavano la grande truffa del rock ‘n’ roll architettata da Malcolm McLaren e i suoi Sex Pistols.
Le ragazze rimasero a galla per un po’, leggere com’erano, tra le onde del punk revival e del garage rock indipendente di inizio secolo, ma Gwenno Saunders sentì il bisogno di togliere il disturbo, forse avvertendo la stessa inquietudine di Green Gartside degli Scritti Politti nei frenetici 80’s, lo stesso bisogno di fuga dal disagio del successo e di ritorno alle origini.
Gwenno è figlia di Tim Saunders, poeta e giornalista, e decide di risciacquare i suoi panni – dopo un’immersione nel pop della cultura dominante – nella tradizione cornica, nella famiglia e in un certo senso di rassicurante appartenenza che caratterizza da sempre i costumi delle culture minoritarie. Lo fa con un genuino disinteresse, in buona fede, nei confronti di eventuali fraintendimenti (cattive interpretazioni) del manifesto orgoglio che potrebbero deviare il suo percorso verso derive indipendentiste del tutto estranee alla sua personalità.
Esce un album su Heavenly Recordings, “Le Kov”: suoni scintillanti, istantanee tremolanti e chiaroscurali, ritmiche kraut, suoni ambient ed easy listening malinconica trovano asilo politico in questa zona franca, nonostante l’inflessione dura (per noi latini) della lingua cornica, che però conferisce al risultato finale un certo fascino esotico.
E’ molto difficile identificare un elemento musicale che sia stato deliberatamente escluso in questo progetto – la forte natura inclusiva in termini di sonorità permea tutta l’opera, tutto intorno le brughiere della Cornovaglia, i suoi miti, le ritualità antiche di cui pochi oggi detengono le segrete tracce.
L’intimità che raggiunge “Le Kov” rimanda a sensazioni provate ascoltando lo storico “Rock Bottom” di Robert Wyatt, album ispirato agli stessi scenari nebbiosi e solitari della Giudecca a Venezia che fanno da sfondo nel fulminante breve racconto di Edgar Allan Poe “L’appuntamento”.
Per Gwenno il luogo è un “posto della memoria” (che è la traduzione del titolo “Le Kov”), un lido mai troppo lontano da raggiungere se si conserva intatta l’attitudine ad andare al cuore delle cose, dietro al velo illusorio dei fenomeni.
Nando Dorelassi
