RECENSIONE
Holloway Road è la strada di un quartiere di non recente gentrificazione, nido multiculturale, patria calcistica dell’Arsenal (l’omologo pop del Backstreet Market di Orlando degli altri celebri ragazzi della Florida?), il luogo dal quale questo duo di Southend on Sea, dopo un prestigioso Ep, mette a segno una coppia di singoli che vanno dritti al cuore.
Prevale nel paesaggio sonoro l’aspetto soft-rock, adult contemporary e il country con venature pop, quest’ultimo magari connesso con quello che era il tradizionale aspetto rurale di una Holloway Road nei tempi passati: un avvallamento – ci raccontano – creato dal passaggio del bestiame diretto a un mercato adiacente, una dimensione inesorabilmente lontana e difficile da immaginare guardando dalle vetrine dei caffè che occupano oggi le vie di un quartiere popolato.
Atmosfere che ci portano oltre oceano, in un road movie che attraversa gli Stati Uniti; “in the dark” mette in luce (gioco di parole) il loro aspetto piu’ aggraziato e seducente, grazie ad armonie vocali a dir poco catchy e addirittura la divertita estemporaneità di un assolo di chitarra che ci porta ad abbassare i finestrini mentre percorriamo una route assolata. Le slide guitar ci sciolgono in un brivido che è zucchero e beatitudine (sembra addirittura un banjo, quello che spunta un po’ piu’ in là, tra i cactus).
“No place” non e’ solo una canzone ma un cortometraggio (fremiamo dalla voglia di vedere il video di prossima uscita), un passaggio attraverso uno specchio d’acqua verticale dai luoghi di un sogno, con i piedi a calpestare finalmente il suolo del mondo e la mente alle prese con la nitidezza di orizzonti in alta definizione, nei quali la speranza sottrae spazi all’amarezza di miglia lontane.
Ed è la strada il simbolo che risiede non solo nel nome di questo duo ma come frame intravisto dal lunotto posteriore di una macchina americana in un set cinematografico sul quale gravano disarmanti cieli azzurri, che ci guida lontano dai rassicuranti quartieri nei quali siamo cresciuti, verso giorni nuovi… o viceversa.
Nando Dorelassi
