INTERVISTA

Con gli artisti italiani ho un metodo empirico che reputo infallibile: cerco di seguirne le gesta solo se ‘zagano mentre tutti zigano’. Per questo ho volutamente evitato di scovare tutte le next big thing vere o presunte legate a filo doppio a Verdena, Afterhours e compagnia dieteticamente roccheggiante. Spesso non bastano nemmeno gli originali, figuriamoci le copie. Ovvio che ‘tutto appartiene al ladro ispirato e devoto’ come era aduso sottolineare lo Zio Bill (per i non adepti: William Burroughs) ma è altrettanto vero che se ti dibatti in uno stagno vuoto è molto più probabile che tu venga notato nel momento in cui sbracci in direzione della riva. Bad Pritt (oltre al fenomenale calembour fonetico della denominazione) mi ha incuriosito da subito, da quel video (Stalactite/Stalagmite) recapitatomi sotto gli occhi e soprattutto le orecchie dai ragazzi della Shyrec, etichetta con la quale il nostro ha fatto uscire il suo primo lavoro. Zagava eccome, il ragazzo, zagava in una terra ‘amorfa e androgina’, dove psichedelia a elettronica s’accompagnavano in un liquoroso amplesso sonico. Roba da BBC Workshop, quasi. Da Global Communication virati post rock. Roba che forse non siamo ancora pronti ad approcciare in toto, qui in Italia.

Lui, Luca Marchetto, proviene dai The White Mega Giant e il salto quantico è enorme seppure legato a filo doppio con la casa madre. Ora, ditemi, non avrei dovuto sfittire il mistero?

1) Alquanto bizzarro che in una terra così devotamente legata a consuetudini rock ‘tradizionali’ qualcuno esca con una proposta assolutamente avulsa da questi canoni. Come è partita l’idea di Bad Pritt?

Sai in realtà credo che Bad Pritt non sia mai stato veramente qui. In tutti i sensi. È un’idea partita credo molto tempo fa, ma che si è concretizzata solo recentemente attraverso ascolti lontani, a volte geograficamente, altre temporalmente. Poi, come ogni progetto che non vuole restare chiuso in studio, si deve atterrare in un contesto di circuiti, locali, eccetera e se intendiamo questo come territorio allora si comincia a percepire uno stacco. A questo aggiungiamo che, come territori musicali, BP non è totalmente elettronica, non è nemmeno totalmente piano, violini e tutti quegli strumenti classici che si sentono nel disco e live. È in quel confine dove tutto questo convive. Troppo elettronico per un pubblico melodico, e troppo melodico per un pubblico elettronico. Non è niente di nuovo, ma nemmeno così digerito da poter essere percepito come conosciuto.

2) Ma, in definitiva, quale è il nucleo della tua proposta? Ambient umbratile? Post rock logaritmico? Decompressioni da Rave nucleare? Musica classica generata da Hal 9000? Svela l’arcano…

Forse è la reazione di tutte queste cose quando entrano in contatto. Ho sempre trovato interessanti i miscugli, non solo in musica, e in fin dei conti anche noi come esseri umani siamo dei miscugli di biologia e cultura. Tecnologia che ci influenza e ci trasforma. Un continuo mescolarci. Trovo pericoloso aver paura del cambiamento. Quindi perché non mescolare un po’ le carte…

3) Personalmente – ma io sono un vecchio bacucco – vi trovo pesanti echi di quella sbornia ambient trasversale che nei primi anni 90 eruttò capolavori ad ogni piè sospinto, penso ai Global Communication (nei quali ti riconosco assai), agli Skylab, a certi pattern di Irresistible Force, a dei Biosphere immersi nella pece

Sono ascolti che fanno parte di quelle ispirazioni lontane nel tempo che citavo prima, Global Communication su tutti. Aggiungerei anche una parentesi più kraut alla Cluster. Alla parte più eterea e ambient tendo sempre ad affiancare qualcosa di più popolare sempre per il bisogno di mescolanza. Magari rovino tutto, ma mi viene così…

4) Come è stato il salto dai The White Mega Giant? Mi spiego, a dispetto di un certo stacco in termini sonori (netto e deciso, va da sé) a livello di strutture pare che il blocco compositivo abbia comunque un filo rosso che le lega. Se – lì ed allora – vi era del post-rock a cementare, qui è l’ambient a farla da padrone, per quanto meticcia.

Sono contento tu lo abbia notato. Lo dico a tutte le persone che lo riconoscono. Se guardiamo alla prima release TWMG abbiamo una fortissima e netta influenza post-rock. Già dal secondo album entrano in gioco linee vocali e ritmiche fortemente influenzate dall’elettronica. È stato abbastanza naturale un passaggio a questo primo lavoro a nome Bad Pritt. Lo vedo come una prosecuzione dell’evoluzione che già era partita con il nucleo TWMG. Poi ho avuto un momento in cui volevo disintossicarmi dalla chitarra e dalla ricerca di sonorità alternative legate a quello strumento. Abbracciare un suono più ampio. In questo disco non c’è nemmeno una traccia di chitarra.

5) Dunque sarebbe il caso di certificare in maniera netta le ascendenze di suono: dovessi affidare alla corrente 5 dischi che hanno significativamente influenzato Bad Pritt? Spara.

Partirei parlando prima di suono. Anche se stra abusato e forse anacronistico, è stato il mellotron e in particolare alcuni dei suoi nastri ad influenzare maggiormente il disco. Da lì sono andato ad ascoltarmi un sacco di dischi dove è stato usato massivamente. Quello però dove ho trovato più affinità è sicuramente la colonna sonora del film The Virgin Suicides degli Air. Quindi direi:

  • The Virgin Suicides – Air
  • Sleep Party People – Sleep Party People
  • Golden Times I – Ben Lukas Boysen
  • Fever Ray – Fever Ray
  • Jòhann Jòhannsson – Orpheé
  • Max Richter – Sleep
  • Roger Goula – Overwiev Effect 


6) Ho assistito al tuo concerto tenuto qualche giorno fa al festival ‘Rospi in Libertà’, sarò sincero… Credo che gran parte del fascino dato dalla fruizione della tua musica si smarrisca in contenitori così dispersivi. C’è una fortissima componente intimista (isolazionista sarebbe un termine troppo marcato, per quanto…) che evapora. In un mondo perfetto ti vedrei adagiato in una sala di decompressione rave o in una brughiera, tra i KLF di Chill Out e William Basinski. Non vivendo in un mondo perfetto mi piacerebbe conoscere il tuo punto di vista a riguardo.

C’è poco da dire, è un punto di miglioramento sul quale devo ancora molto lavorare. È vero le situazioni ideali sono quelle più intime. Il mio è un live che per ora poggia molto sui visual e sul viaggio che queste immagini e la musica ti fanno fare. Credo peró che un’artista, a qualsiasi livello anche piccolissimo come il mio, debba riuscire a trovare una formula live e avere una presenza scenica degne di qualsiasi location lo stia ospitando. Una sana flessibilità che permetta di esaltare sia la proposta musicale che l’ambiente. Il tutto a servizio dell’esperienza del pubblico.

7) Pop e Loop, armonie e senso della ripetizione, sono quelle le fondamenta di Bad Pritt?

Direi proprio di sì. Aggiungerei però che nonostante questa descrizione, prima ancora ci vedo un’aderenza ad un’emozione. A me non piace lanciare messaggi, urlare manifesti, mi oriento piuttosto nella ricerca di dar suono ad emozioni che provo. Deve essere una traduzione fedelissima, nonostante a volte prenda una forma popolare. Il bisogno di armonia a tutti i costi credo derivi anche dal fatto che dentro mi sento fortemente disarmonico, ma anche desideroso del contrario. Probabilmente è una sorta di rito, un cercare guarigione.

8) A tal proposito: come mai un nome così? In un certo qual modo è un loop fonetico anche quello. Personalmente (ma ha poca importanza) lo trovo geniale…

Caspita, non l’avevo mai guardato da questo punto di vista, è vero. Onestamente è partito tutto dalla voglia di aggiungere una dose d’ironia al progetto. È tutto così nero, malinconico e denso che volevo controbilanciare con qualcosa di leggero e immediato. Poi però se ci ragioni sopra ci puoi trovare pipponi anche in un nome del genere, tipo che Bad Pritt è l’antitesi di tutto ciò che un belloccio come Brad Pitt può rappresentare. Ma che cazzo dico.

9) Che strumentazione usi per comporre?

Inizio con il sottolineare che per quanto elettronica, BP è un progetto 100% hardware 100% computer free. Detto ciò, la strumentazione che uso per comporre è la stessa che porto live e si divide fondamentalmente in due nuclei, quello classico/acustico e quello elettronico. Nel dettaglio (ora entro in modalità nerd):

Tutto ciò entra in una loopstation

  • (Boss RC 505) che con 5 tracce permette molte stratificazioni. Questa loop station la uso anche in fase compositiva per registrare bozze di canzoni.
  • Il tutto è scaldato e saturato da un Elektron Analog Heat, effetto master che dona una leggera distorsione analogica.
  • In parallelo le parti percussive vengono da una drum machine Roland (TR 8s). Di solito l’iter compositivo parte proprio da pattern percussivi per poi costruirsi mattone su mattone con gli altri strumenti.

10) E ora la domanda seria: quali mosse dobbiamo attenderci nell’immediato futuro?

È uscito il mese scorso il primo video dai primi due estratti del disco (Stalactite/Stalagmite) che ha aiutato a veicolare una manciata di live prima dell’uscita ufficiale dell’album che sarà a fine settembre in concomitanza con l’uscita di un secondo video. Dopodiché partirà la vera attività live. Non vedo l’ora. 

Michele Benetello

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Intervista a Bad Pritt
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