Grigi scenari all’orizzonte perturbano la quiete circostante, inasprendo i conflitti, rendendo il futuro sempre più difficile da immaginare . Ma questa visione distopica, inaspettatamente, ci offre un’occasione per giudicare meglio ciò che ci perviene dai sensi, e notare nuovi importanti dettagli e poter quindi disegnare nuovi percorsi esistenziali. Tra le macerie dell’inutile che prima ci sovrastava, con le sue opprimenti architetture, scorre un suono, sintetico, mutante, che reca in sè tragicità e oblio, ma anche il seme di una ribellione.
E’ il suono di “Crashed” di Reno, classe 1986, una miscela retrofuturista di fusion-funk degli anni ‘70 che si arricchisce strada facendo dei suoni oscuri di certe soundtrack ’80 fortemente orientati alla suspense, di cui Carpenter è il rappresentante più autorevole - sia in termini sonori che filmici - ma anche di digressioni più edonistiche provenienti dalla italo-disco più algida e sfasata. Un groove inesorabile sostiene una impalcatura di synth liberi di proiettarsi su cieli dal colore innaturale, una tensione sembra albergare tra la polvere dei detriti sonori, prefigurandoci un’imminente rivelazione.
Nando Dorelassi