Il soul-pop degli Eugenia Post Meridiem è la colonna sonora del flusso del tempo…dopo il meriggio. [Recensione]

REVIEW

Low Tide” è un pezzo che si rivela come una madelaine proustiana, è così intenso e ricco di dettagli che molti di noi ci troveranno dentro mondi di musica, non scalfiti dalla polvere di epoche di storia.

I sixties psichedelici in stile Laurel Canyon (penso ai Jefferson Airplane), con una carica soul più grintosa e personale, un vibrato caratteristico, nella voce di Eugenia Fera, che ne arricchisce la poesia senza diventare lezioso e un folk-elettrico flessuoso e seducente.

Un disco registrato al Big Snuff Studio di Berlino , pubblicato dalla Factory Flaws, una gran voglia di suonare live da parte di questo gruppo genovese che ha saputo creare una certa curiosità, grazie alle ottime premesse del singolo, in giro più o meno da gennaio. Il nome della band gira attorno alla figura di Eugenia, voce e chitarra, e ad una riflessione poetico-filosofica sulla percezione del concetto di eternità legato allo scorrere degli istanti dopo il meriggio, il porsi come spettatori consapevoli di un tempo che passa inesorabilmente, intime osservazioni che non vediamo l’ora di approfondire nel loro disco di debutto intitolato “In Her Bones”.

Nando Dorelassi
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