Tenera è la notte, con la band formata da Dario Azzollini (chitarra), Matteo Zappa (voce e testi), Nicolò Posenato (sintetizzatori) e Simone Manzotti (sintetizzatori e arrangiamenti), all’album d’esordio con “Concrete” – uscito a gennaio per Pitch The Noise Records e Wooden Håus Records – a seguire l’EP “Chances” del 2016. C’è, insomma, una Milano che in tarda serata ai frenetici afterhours preferisce l’elettronica morbida e avvolgente degli Aftersalsa.
Le registrazioni sono avvenute con l’apporto produttivo di Marco Giudici, già messosi in evidenza nel panorama indie italiano all’interno della band Any Other capitanata da Adele Nigro e con il suo progetto da solista Halfalib. Ne è venuta fuori, a detta dei diretti interessati, “una costruzione di cemento che si sgretola sotto il peso del tempo. Un grattacielo, un’opera incompiuta, un guardarsidentro per metabolizzarsi”. Tra cambiamento e domande inevitabilmente senza risposta, la soluzione potrebbe essere allora per l’appunto “rinchiudersi in un enorme scheletro di cemento e lasciare il mondo fuori”. Magari ascoltando in loop queste nove tracce, partendo dalle ombrose linee digitali dell’iniziale “Mubia” per poi andare avanti con i beat esotici del primo singolo “Oscar” – accompagnato da un video analogico girato nel capoluogo meneghino – e con la bella ballata “Elam”, oppure con le trame cinematiche e al contempo ballabili dell’unico episodio strumentale in scaletta, “Colonna”.
Il synthpop dreamy del quartetto lombardo volge lo sguardo a influenze internazionali: pensiamo a The xx, Lust For Youth, Beach House, Haelos. La scelta della lingua inglese, in controtendenza con ciò che ultimamente ottiene successo facile nel nostro Paese, ne è del resto una conferma. In sintonia con un altro gruppo all’interessante debutto sempre quest’anno: stiamo parlando dei vicentini Cactus? che, come gli Aftersalsa, nel loro “No People Party” si sono soffermati su un’indie dance da nightlife solitaria, sotto luci rigorosamente al neon.
Elena Raugei