Tobjah (C+C=Maxigross) Live Report Arcella Bella maggio ‘21

RECENSIONE

Una volta, anni fa, mi trovai in una piazza, e c’era un tizio che con un furgone portava a turno la gente su, verso un dirupo che non ricordo, sui Monti Lessini, perché c’era un concerto di un gruppo di altri tizi che facevano parte di un collettivo (setta?) che suonava roba psichedelica ad uno Psych Fest che era folk ma anche ambient. Il tizio ha passato la serata così, a portare su gente che non conosceva, un eroe tipo. Spero almeno che qualcuno gli abbia dato il cambio ad un certo punto. Adesso i C+C = Maxigross non so a che punto siano nella loro carriera, hanno fatto un disco come volevano loro e l’hanno pure distribuito secondo le loro severe disposizioni in materia, il web è strapieno di dettagli interessanti in merito e a quelli vi rimando alla fine del report. Ma io li conobbi proprio quella notte lì i C+C, e il fatto di ricordarmeli a distanza di tempo – nonostante l’età odierna che mi vorrebbe più sul divano con Mubi o Amazon Prime – è importante perché invece mi ritrovo all’Arcella Bella ad ascoltare Tobjah, con la sua fidata sei corde, qualche pedalino e la sua voce, e l’italiano che oggi è la sua sola lingua dopo un periodo di transizione col Cimbro e con l’inglese. “Madre di tutte le madri, era di tutte le ere”, la chitarra ambient tra Eno e Fennesz, così inizia l’incontro. Il fingerpicking, il sentire Neil Young ovunque, (e pure qualche cialtrone che fa casino al concerto sbagliato che ti chiedi se era meglio se sta gente se ne stava in lockdown) la sensazione di ritrovare storie rimaste sospese e che tornando ad essere raccontate trovano la loro realizzazione.

tob 2

Tobjah – è chiaro – è nel suo mondo, frequenta il suo edificio di pensieri e canta del fatto che ha letto un libro che non è stato terminato, e questo la dice lunga sulla frequenza d’onda dove ci invita a sintonizzarci, l’incompiuto, si sa, non è mai una trattazione facile . È da due anni che non faceva concerti. Poi un pezzo dei C+C=Maxigross, dopo una certosina accordatura che ci fa capire che si va verso territori ignoti, il suono si fa cupo come un blues a tinte fosche, le parole accarezzano la fine di tutte le cose, e il fatto che sia importante accorgersi che c’è anche quella con la quale fare i conti, prima o poi. Gli applausi ci sono, il calore di gente che al contrario del sottoscritto, che l’unica volta è stata quella dello psych fest sui Monti lessini, qui c’è gente che li ha ascoltati davvero a lungo questi C+C.  La poesia è dappertutto, “questa chitarra è una virgola..”, la speranza al lumicino ma che segna il presente “questo è ciò che mi salverà” (o scalderà, boh, tanto non cambia). Poi arriva il pezzo hic et nunc : accordi stoppati col palmo e le parole che fanno breccia, riuscendo ad aggirare i significati, senza imbarazzo o intellettualismi posticci. Musica immediata ma non certo pronta ad un consumo svogliato, canzoni rivolte verso l’interno, un cantautorato talmente intimo che finiamo con lo specchiarcisi dentro. Una canzone riadattata in italiano di Miles Cooper Seaton che non c’è più, e qui la chitarra disegna glifi ancestrali, il ritmo cresce e gira su se’ stesso pronto a sempre nuovi sconvolgimenti, e qui i miei ricordi vanno all’Interzona e a una Verona vivace e ribelle che di sicuro non c’è più’. Le nuvole soffiano e si fanno sentire, sia sopra all’Arcella che dentro a queste canzoni, però c’è un equilibrio e quindi non si precipita mai in un abisso che però – la sua musica e la sua poesia così anti-moderna – ci ricordano che esiste e che sta lì. Non è facile stare in piedi con una chitarra elettrica e tenere in equilibrio una materia così fragile, ma questo è uno dei rari casi in cui questa precarietà ha un senso, e alla fine non ci sarebbe stato un modo migliore di esprimerlo. Le canzoni di Tobjah fanno sempre un salto verso qualcosa di ignoto, è questo a renderle coraggiose, anche quando il vento di fine maggio si fa sempre più freddo e la pioggia minaccia il suo arrivo. “Casa Finalmente” è stato un disco baciato da qualcosa di magico che qui (a quanto pare) si ricordano tutti, 40 tappe in giro per l’Italia, ma oggi siamo qua, fuori di casa, e Tobjah è tornato a suonare in giro. E questo non può che essere un buon segno.

 

N.D.

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