L’unica volta che ho incontrato Jordan Hemingway è stato ad un “open-mic” di una stupenda (ma piovosa) giornata a Southend-On-Sea : suonava qualche pezzo con la sua chitarra acustica, lasciando il segno con una session di genuina e magnetica energia.
Cinque tracce in perfetto equilibrio tra rock e pop, una grinta che è in tutta evidenza insita nelle corde vocali e nello spirito di Jordan, cantante e autore dell’Essex al suo debutto con l’EP “Little Lights”.
Il disco è stato registrato a New York, con Eric Sandersen e Rob Aleen degli Augustines, mixato da Peter Katis, già precedentemente al lavoro con The National e Interpol, ed esce per Condor Records, etichetta indipendente fondate dallo stesso Hemingway assieme ad alcuni amici d’infanzia.
“Maybe” dimostra subito il carattere del lavoro in questione, vibrante nel suo sound elettrico in cui ogni cosa sembra trovarsi al suo posto in un perfetto quadro d’insieme, radiofonica ma anche genuina come non mai. “Seventeen” ha un incedere più soul, la voce di Jordan, da qui in avanti, diventa presenza palpabile nel contesto dell’ascolto.
“The Divide” apre al country-rock, ariosa con quel fremito di libertà “on the road” che ci riporta al suono heartland, cambiano gli scenari che scorrono veloci dal finestrino, dentro e fuori di noi. E’ un incontro fortuito che però era nel destino delle cose quello che si ha con “Why You Here (Travelling Man)”, un rock senza tempo che si fa maestoso in un crescendo che non lesina emozioni. Chiude l’EP la splendida “Little Lights”, deliziosa ballata soft con un refrain indelebile, che oltre a confermarci la giusta scelta nell’ascolto, sottolinea la caratura artistica di Jordan Hemingway, un artista capace di farci apprezzare un disco tutto d’un fiato, come non facevamo da molto tempo.
Nando Dorelassi